26 Gennaio. Santi Timoteo e Tito Vescovi





Sparso il seme del Vangelo mediante la sua presenza corporale,
subì la passione e la morte e risuscitò,
mostrando con la passione ciò che dobbiamo sopportare per la verità,
con la risurrezione ciò che dobbiamo sperare nell’eternità

S. Agostino. De civ. Dei XVIII, 49


Dal Vangelo secondo Luca 10,1-9.

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe. Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.


IL COMMENTO

Gli Apostoli sono inviati davanti al Signore e sulle labbra recano il saluto di Gesù risorto consegnato loro la sera di Pasqua: "Pace a voi!". La pace scaturisce dalla Resurrezione del Signore che ha distrutto ogni muro come la pietra del sepolcro rovesciata, e ha fatto dei due, dei cento, dei mille, un popolo solo, rompendo l'inimicizia. La pace è un bene messianico, il trofeo conquistato dal Signore nel suo combattimento vittorioso con la morte e il peccato, e con il demonio loro generale in capo. Ha vinto un Agnello immolato e dal suo sangue è sgorgata la pace. Al mondo dilaniato dalle guerre, alle famiglie distrutte da odii e rancori, a tutti i rifiutati, a noi stanchi e sfiduciati, ad ogni uomo è inviata la Chiesa ad annunciare la Pace, la misericordia di Dio in Cristo Gesù.

Gli Apostoli ne sono gli ambasciatori. E, con loro, anche noi. Ovunque giungano gli Apostoli, si fa presente il Cielo. Lo recano impresso nelle loro vite, nel pensiero, nelle parole. Il Regno della Grazia, dove vivono coloro che hanno ricevuto tutto gratuitamente e tutto gratuitamente donano. L’amore, la giustizia e la pace. Per questo non portano con sé alcuna sicurezza, alcun appoggio se non la Parola per la quale sono stati inviati. La Parola che conferma le loro parole, che rende evidente la loro natura, quella di figli di Dio, cittadini del Cielo. La volontà di Dio si compie in loro per pura Grazia.

Monete, sandali, bisacce non fanno per loro. Il loro bagaglio, come quello che fu di Davide dinnanzi a Golia, sono solo le cinque pietre, i cinque libri della Torah, la Parola trafitta delle cinque piaghe del Signore. Il potere di curare e guarire li accompagna, i miracoli compiuti nel suo Nome per fare presente il Cielo, la vittoria sul mondo e la corruttibilità della carne. Gli Apostoli rendono ad ogni uomo visibile e ragionevole la vita divina come una possibilità nuova.

Essa è un dono del Cielo, del Padre, che brilla attraverso le virtù teologali - fede, speranza e carità - i connotati della Grazia battesimale. Vivere in questa Grazia e mostrarlo, a questo sono chiamati gli Apostoli. A questo siamo chiamati ed inviati anche noi. Ogni giorno sulle strade della nostra vita. Essere quel che siamo. Al lavoro, in famiglia, nella malattia, nella sofferenza o nella gioia l’amore del quale siamo amati è il Regno che si fa presente. La vita celeste in noi, lo Spirito Santo che ispira, guida e compie in noi le opere di vita eterna che ogni uomo attende, che tutti hanno diritto di vedere, per credere, per essere salvati. Nessun piano preventivo, nessun programma se non quello di Benedetto XVI: essere docile alla volontà di Dio, alla Sua Grazia. Ad essa attingere ogni istante, come Maria ai piedi di Gesù, ascoltare la Sua Parola sussurrata tra le pieghe della vita. Anche oggi siamo dunque inviati ad accendere il mondo.

E andare come pecore in mezzo ai lupi. Indifesi. Esposti agli attacchi di tutti. Proprio per il fatto di essere di Cristo. Non c’è nulla da stupirsi. L’apostolo incarna Colui che lo manda. E’ Lui che perseguitano. E’ Lui che odiano. Anche noi ne sappiamo qualcosa, quando il nostro cuore in fermento è incapace di accettare un minimo rimprovero, un semplice aiuto. Quante volte abbiamo rifiutato e perseguitato, ucciso nei nostri cuori i messaggeri del Signore. Lui è la Verità. E l’essere smascherati non piace a nessuno. L’orgoglio ferito muove rabbiosamente le acque torbide della violenza nascosta. Vi è un episodio nel primo Libro di Samuele che esprime bene quanto stiamo dicendo. Si tratta della vicenda di Nabal, nel capitolo 25, dove di Nabal si dice che è troppo cattivo e non gli si può dire una parola" (1 Sam. 25,17). La traduzione non è esatta perchè l’originale ha, invece di cattivo, “stolto”. Nabal è accecato e non è capace di leggere gli eventi, non vuole accogliere Davide con i suoi prodi, nonostante in passato lo avessero aiutato e difeso. Nabal non ascolta nessun consiglio, mentre la moglie di nascosto si accinge ad intercedere per il marito presso Davide che, grazie a lei, desiste da ogni vendetta: “Non faccia caso il mio signore di quell`uomo cattivo che è Nabal, perchè egli è come il suo nome: stolto si chiama e stoltezza è in lui” (1 Sam. 25, 25). Nabal, al venire a conoscenza del corso degli eventi, è preso da un fremito e muore. La sorte dello stolto, strangolato dalla propria stoltezza.

Davide è figura di Cristo e dei Suoi Apostoli, inviati nel mondo ad annunciare il Regno mentre Nabal è figura di chi non accoglie la predicazione. Per stoltezza. Per orgoglio. Per questo il Signore invia i propri discepoli come pecore in mezzo ai lupi, indifesi dinnanzi alla violenza bruta di chi è accecato dall’orgoglio e dalla presunzione, con il cuore e la mente chiusi in un vano e stolto ragionare. Per questo li invia prudenti e semplici, capaci cioè di discernere gli eventi. Semplicità e prudenza infatti sono le due facce della stessa preziosa medaglia del discernimento. Esso è un aspetto fondamentale per la missione degli apostoli. E’ fondamentale e imprescindibile per assolvere alla chiamata di cui ci ha resi partecipi il Signore. Saper leggere in ogni avvenimento l’opera di Dio, discernere tra i flutti spesso violenti della storia il dito di Dio.

Tutto ciò che accade agli Apostoli è legato alla missione; tutto quello che avviene nelle nostre vite è perchè siamo di Cristo. Tutto è a causa del Suo Nome che ha preso possesso di noi. Il nome nuovo che abbiamo ricevuto nel Battesimo è infatti il dolce nome di Cristo. Siamo, con gli Apostoli di ogni generazione, il Suo vessillo innalzato sul mondo. Una profezia di verità sulle tenebre della menzogna. E le tenebre non hanno accolto la luce. Non possono. Ma per il mondo vi è una sola salvezza, quella che è stata anche per noi: la Croce del Signore, le Sue braccia distese sul male. Sappiamo, come San Paolo, che non ci aspettano altro che catene e persecuzioni, incomprensioni, odio. Da tutti. E’ tremendo ma è così. Il mistero dell'iniquità si scaglia contro Cristo, e contro coloro che portano la sua testimonianza. E’ la vita di Cristo in noi. Non può essere diversamente. Perchè la salvezza giunga ai nostri, ai Suoi persecutori. Ogni istante della nostra vita diviene così un frutto preziosissimo della Passione del Signore, maturo per essere mangiato da tutti coloro che, affamati e accecati, hanno smarrito la vita. Stiamone certi, Lui ci verrà incontro e ci porterà con Lui, nel riposo che attende ogni “umile lavoratore della Sua vigna”, la mercede di cui siamo degni. Senza esigere nulla, mangiando di ciò che la Provvidenza prepara per noi, senza passare di casa in casa cercando affetti e radici, e gratitudine e riconoscimenti. La nostra ricompensa è preparata per noi in Cielo, laddove sono scritti i nostri nomi. E' questa, e solo questa, la fonte della nostra gioia. Per essere uomini di pace, della Sua Pace.






Esparcida la semilla del Evangelio a través de su presencia corporal,
padeció la pasión y la muerte y resucitó,
enseñando con la pasión lo que tenemos que soportar por la verdad,
con la resurrección lo que tenemos que esperar en la eternidad

S. Agostino. De Civ. Dei XVIII, 49



Evangelio según San Lucas 10,1-9.
Después de esto, el Señor designó a otros setenta y dos, y los envió de dos en dos para que lo precedieran en todas las ciudades y sitios adonde él debía ir.
Y les dijo: "La cosecha es abundante, pero los trabajadores son pocos. Rueguen al dueño de los sembrados que envíe trabajadores para la cosecha.
¡Vayan! Yo los envío como a ovejas en medio de lobos.
No lleven dinero, ni alforja, ni calzado, y no se detengan a saludar a nadie por el camino.
Al entrar en una casa, digan primero: '¡Que descienda la paz sobre esta casa!'.
Y si hay allí alguien digno de recibirla, esa paz reposará sobre él; de lo contrario, volverá a ustedes.
Permanezcan en esa misma casa, comiendo y bebiendo de lo que haya, porque el que trabaja merece su salario. No vayan de casa en casa.
En las ciudades donde entren y sean recibidos, coman lo que les sirvan;
curen a sus enfermos y digan a la gente: 'El Reino de Dios está cerca de ustedes'.


COMENTARIO


Los Apostoles son enviados delante del Señor y en sus labios llevan el saludo de Jesús resucitado que les ha sido entregado la tarde de Pascua: "¡Paz a vosotros!" La paz mana de la Resurrección del Señor que ha destruido cada muro como la piedra del sepulcro volcada, y ha hecho de los dos, de los ciento, de los miles, un pueblo solo, rompiendo la enemistad. La paz es un bien mesiánico, el trofeo conquistado por el Señor en su combate victorioso con la muerte y el pecado, y con el demonio su general. Ha vencido un Cordero inmolado y de su sangre ha brotado la paz. Paz al mundo destrozado por las guerras, a las familias destruidas por odios y rencores, a todo los desechados, a nosotros cansados y desalentados, a cada hombre es enviada la Iglesia para anunciar la Paz, la misericordia de Dios en Cristo Jesús.

Los Apóstoles son de ella los embajadores. Y, con ellos, también nosotros. En cada lugar los Apóstoles lleguen, se hace presente el Cielo. Lo llevan imprimido en sus vidas, en el pensamiento, en las palabras. El Reino de la Gracia, dónde viven los que lo han recibido todo de gratis y de gratis lo donan. El amor, la justicia y la paz. Por eso no llevan consigo ninguna seguridad, ningún apoyo si no la Palabra por la que han sido mandados. La Palabra que confirma sus palabras, que hace evidente sus naturaleza, la de los hijos de Dios, ciudadanos del Cielo. La voluntad de Dios se cumple en ellos por pura Gracia.

Monedas, sandalias, alforjas no son cosas para ellos. El equipaje de los Apostolos es el mismo de David al enfrentarse a Goliat, solo cinco piedras, los cinco libros de la Torah, la Palabra transfija de las cinco llagas del Señor. El poder de curar y sanar los acompaña, los milagros realizados en su Nombre para hacer presente el Cielo, la victoria sobre el mundo y la corruptibilidad de la carne. Los Apóstoles enseñan a cada hombre la vida divina visible y razonable, como una posibilidad nueva.

Ella es un regalo del Cielo, del Padre, que brilla en las virtudes teologales - fe, esperanza y caridad - las señas de la Gracia bautismal. Vivir en esta Grazia y enseñarlo, a éso estan llamados los Apóstoles. A éso estamos llamados y enviados nosotros también. Cada día de nuestra vida. Siendo los que somos. Al trabajo, en familia, en la enfermedad, en el sufrimiento o en la alegría se hace presente el amor del que somos queridos, el Reino en la tierra. La vida celeste en nosotros, el Espíritu Santo que inspira, guía y cumple en nosotros las obras de vida eterna que cada hombre espera, que todos tienen derecho de ver, para creer, para ser salvados. Ningún plan previo, ningún programa si no aquel de Benedicto XVI: ser dóciles a la voluntad de Dios, a Su Gracia. A ella acudir cada instante, como Maria a los pies de Jesús, escuchar Su Palabra susurrada entre los pliegues de la vida. También hoy somos enviados a encender el mundo.

E ir como ovejas entre los lobos. Indefensos. Expuestos a los ataques de todos. Justo por el hecho de ser de Cristo. No hay nada para que asombrarse. El apóstol encarna a El que lo manda. Es Él que persiguen. Es Él que odian. También nosotros sabemos algo de esto, cuando nuestro corazón en fermento es incapaz de aceptar un mínimo reproche, una simple ayuda. Cuántas veces hemos rechazado y perseguido, matado en nuestros corazones, los mensajeros de Dios. Él es la Verdad. Y el ser desenmascarado no le gusta a nadie. El orgullo herido mueve las aguas turbias de la violencia escondida. Hay un episodio en el primero Libro de Samuel que expresa bien cuanto estamos diciendo. Se trata de Nabal, en el capítulo 25, dónde de el se dice que "es demasiado malo y no se le puede decir ni una palabra"(1 Sam. 25,17). La traducción no es exacta, porque en el original hay "necio" en lugar de malo. Nabal es cegado y no es capaz de leer los acontecimientos, no quiere acoger a David con sus héroes, a pesar de que en el pasado lo habian ayudado y defendido. Nabal no escucha ningún consejo, mientras que a hurtadillas la mujer se apresta a interceder para el marido cerca de David que, gracias a ella, desiste de cada venganza: "No haga caso mi señor de aquel hombre malo que es Nabal, porque él es como su nombre: necio se llama y necedad está en él" (1 Sam. 25, 25). Nabal, enterandose de los acontecimientos, es cogido por un estremecimiento y muere. La suerte del necio, estrangulado por su misma necedad.

David es figura de Cristo y de Sus Apóstoles, enviados en el mundo a anunciar el Reino. Nabal es figura de quien no acoge la predicación. Por necedad. Por orgullo. Por eso el Señor manda sus discípulos como ovejas entre los lobos, indefensos frente a la violencia bruta de quien es cegado del orgullo y de la presunción, con el corazón y la mente cerrados en un hueco y necio razonar. Por eso los manda prudentes y simples, es decir, capaces de discernir los acontecimientos. Sencillez y prudencia en efecto son las dos caras de la misma preciosa medalla del discernimiento. Ello es un aspecto fundamental por la misión de los apóstoles. Es fundamental e imprescindible para absolver a la llamada de que Dios nos ha hecho participes. Saber leer en cada acontecimiento la obra de Dios, discernir entre las oleadas a menudo violentas de la historia el dedo de Dios.

Todo lo que les ocurre a los Apóstoles està ligado a la misión; todo lo que ocurre en nuestras vidas es porque somos de Cristo. Todo es a causa de Su Nombre que ha tomado posesión de nosotros. El nombre nuevo que hemos recibido en el Bautismo es el dulce nombre de Cristo. Somos, con los Apóstoles de cada generación, Su estandarte levantada sobre el mundo. Una profecía de verdad sobre las tinieblas de la mentira. Y las tinieblas no han acogido la luz. No pueden. Pero por el mundo hay una sola salvación, la que ha sido también por nosotros: la Cruz de Cristo, Sus brazos extendidos sobre el mal. Sabemos, como San Pablo, que nos esperan cadenas y persecuciones, incomprensiones, odio. Por parte de todos. Es terrible pero es así, el misterio de la iniquitad se lanza en contra de Cristo y de los que llevan su testimonio. Es la vida de Cristo en nosotros. No puede ser de otra manera. Porque la salvación llegue a nuestros, a Sus perseguidores. Cada instante de nuestra vida se vuelve así un fruto precioso de la Pasión del Señor, maduro para ser comido por todos los que, hambrientos y ciegos, han perdido la vida. Podemos estar ciertos, Él vendrá allí a nuestro encuentro y nos llevará con Él, en el descanso que espera a cada "humilde trabajador de Su viña", la merced de que somos dignos gracias a Su sangre. Sin exigir nada, comiendo de lo que la Providencia prepara por nosotros, sin ir de casa en casa buscando cariños, afectos, raíces, gratitud y reconocimientos. Nuestra recompensa està en el Cielo, allì donde estan escritos nuestros nombres. Es esta, y solo esta, la fuente de nuestro gozo, Para ser hombres de paz, de Su Paz.



Benedetto XVI
Udienza generale del 13/12/06 - Copyright © Libreria Editrice Vaticana

Timoteo e Tito: due collaboratori di Paolo


Ad essi sono indirizzate tre Lettere tradizionalmente attribuite a Paolo, delle quali due destinate a Timoteo e una a Tito, suoi due collaboratori più stretti. Timoteo è un nome greco e significa «che onora Dio». Mentre Luca negli Atti lo menziona sei volte, Paolo nelle sue lettere fa riferimento a lui ben diciassette volte (in più lo si trova una volta nella Lettera agli Ebrei). Se ne deduce che agli occhi di Paolo egli godeva di grande considerazione...

Quanto poi alla figura di Tito, il cui nome è di origine latina, sappiamo che di nascita era greco, cioè pagano (cfr Gal 2,3). Paolo lo condusse con sé a Gerusalemme per il cosiddetto Concilio apostolico, nel quale fu solennemente accettata la predicazione ai pagani del Vangelo... Dopo la partenza di Timoteo da Corinto, Paolo vi inviò Tito con il compito di ricondurre quella indocile comunità all'obbedienza.

Concludendo, se consideriamo unitariamente le due figure di Timoteo e di Tito, ci rendiamo conto di alcuni dati molto significativi. Il più importante è che Paolo si avvalse di collaboratori nello svolgimento delle sue missioni. Egli resta certamente l'Apostolo per antonomasia, fondatore e pastore di molte Chiese. Appare tuttavia chiaro che egli non faceva tutto da solo, ma si appoggiava a persone fidate che condividevano le sue fatiche e le sue responsabilità. Un'altra osservazione riguarda la disponibilità di questi collaboratori. Le fonti concernenti Timoteo e Tito mettono bene in luce la loro prontezza nell'assumere incombenze varie, consistenti spesso nel rappresentare Paolo anche in occasioni non facili. In una parola, essi ci insegnano a servire il Vangelo con generosità, sapendo che ciò comporta anche un servizio alla Chiesa stessa... Mediante il nostro impegno concreto dobbiamo e possiamo scoprire la verità di queste parole,... essere anche noi ricchi di opere buone e così aprire le porte del mondo a Cristo, il nostro Salvatore.



Catechismo della Chiesa cattolica
§ 863-865 © Libreria Editrice Vaticana

Timoteo e Tito successori degli Apostoli

Tutta la Chiesa è apostolica in quanto rimane in comunione di fede e di vita con la sua origine attraverso i successori di san Pietro e degli Apostoli. Tutta la Chiesa è apostolica, in quanto è « inviata » in tutto il mondo; tutti i membri della Chiesa, sia pure in modi diversi, partecipano a questa missione. « La vocazione cristiana infatti è per sua natura anche vocazione all'apostolato ». Si chiama « apostolato » « tutta l'attività del corpo mistico » ordinata alla « diffusione del regno di Cristo su tutta la terra » (Concilio Vaticano II : AA2).

« Siccome la fonte e l'origine di tutto l'apostolato della Chiesa è Cristo, mandato dal Padre, è evidente che la fecondità dell'apostolato », sia quello dei ministri ordinati sia quello « dei laici, dipende dalla loro unione vitale con Cristo ». Secondo le vocazioni, le esigenze dei tempi, i vari doni dello Spirito Santo, l'apostolato assume le forme più diverse. Ma la carità, attinta soprattutto nell'Eucaristia, rimane sempre « come l'anima di tutto l'apostolato » (Concilio Vaticano II : AA3).

La Chiesa è una, santa, cattolica e apostolica nella sua identità profonda e ultima, perché in essa già esiste e si compirà alla fine dei tempi « il regno dei cieli », « il regno di Dio », che è venuto nella persona di Cristo e che misteriosamente cresce nel cuore di coloro che a lui sono incorporati, fino alla sua piena manifestazione escatologica. Allora tutti gli uomini da lui redenti, in lui resi « santi e immacolati al cospetto » di Dio « nella carità », (Ef 1,4) saranno riuniti come l'unico popolo di Dio, « la Sposa dell'Agnello » , « la Città santa » che scende « dal
cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio »; e « le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici Apostoli dell'Agnello » (Ap 21,9-11.14).


Nessun commento: