Venne per soddisfare la nostra fame di Dio.
E come fece questo ?
Egli in persona diventò il Pane della Vita.
Si fece piccolo, fragile, disarmato per noi.
Le briciole di pane sono così minuscole
che pure un bambino può masticarle,
pure un agonizzante può mangiarle.
È diventato il Pane della Vita per sfamare il nostro appetito di Dio,
la nostra fame di Amore.
Beata Teresa di Calcutta
Dal Vangelo secondo Marco 3,20-21.
Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: «E' fuori di sé».
IL COMMENTO
Gesù era fuori di sé. Si, non viveva per se stesso, la sua era una vita totalmente consegnata. L'amore che lo rendeva pane gli impediva di prender pane. Gesù si nutriva di un cibo che né i suoi parenti più stretti, né ciascuno di noi conosce. Il cibo della volontà di Dio che consiste, secondo le stesse parole di Gesù, in che nessun uomo vada perduto, che tutti possano essere salvati. Gesù aveva dentro un fuoco, e non vedeva l'ora che fosse acceso. Il fuoco che infiammerà il mondo, la Croce dalla quale attirerà tutti a sé.
La carne è incapace di comprendere le ragioni del cuore e dello Spirito. Anzi, vi muove guerra. Per questo i suoi secondo la carne, quelli che avevano visto Gesù bambino, e poi adolescente, e poi giovane nella bottega del padre, non potevano accettare la follia di un amore che lo sospingeva ben oltre i limiti della carne, al punto da darla da mangiare, da essere presa, vilipesa, fustigata, ferita, spezzata, uccisa. Il cibo di Gesù era offrire se stesso come alimento, e consumarsi, donarsi sino alla fine, per sfamare, per colmare, per amare. Un linguaggio duro diranno poi coloro che lo avevano seguito sui sentieri dei miracoli che sfamavano la fame del corpo; linguaggio duro ed incomprensibile ai criteri mondani e carnali, tutti stretti tra calcoli e convenienze, in attesa di riscontri e contraccambi.
Gesù era la gratuità totale, qualcosa di sconosciuto, mai visto prima in un uomo. Al punto che penseranno di Gesù cose malvage, che fosse il principe stesso dei demoni. L'amore, quell'amore, smisurato, abbaglia, ubriaca, scandalizza. I cuori induriti e con le soluzioni e le interpretazioni preconfezionate ne restano tramortiti. L'amore di Dio, non essendo di questo mondo, diviene segno di contraddizione a svelare i pensieri del cuore, e così viene preso per il suo esatto contrario. Non è possibile che sia reale un amore così, i nostri occhi non lo hanno mai visto, il nostro cuore non lo ha conosciuto. Ci deve essere qualcosa sotto, non si può vivere e amare così.
Quante volte anche noi rimaniamo sconcertati dinnanzi ad una gentilezza ricevuta in risposta ad un offesa fatta; quante volte di fronte alle attenzioni da parte dei figli, degli amici e parenti, pensiamo a nascosti doppi fini, e ci chiudiamo a difenderci invece di aprirci e ricevere il dono. Non siamo preparati, la carne non sa dilatarsi e accogliere la gratuità. La carne, ferita e avvelenata dal peccato e dall'inganno del menzognero, vede il male ovunque, pensa sempre male, non è semplice e limpida. Il demonio che la soggioga distorce tutto e scambia il bene in male, la libertà per schiavitù, l'amore per follia. E ci fa chiudere nell'egoismo che si risolve sempre in un'angosciata solitudine. Chi non sa amare non vede l'amore. Chi è chiuso vivendo solo per se stesso non può riconoscere la gratuità. Chi confida nella carne dice la Scrittura, è maledetto, è come un temerisco nella steppa, quando viene il bene non lo vede; è come terra deserta che non vede mai acqua a dissetarne le zolle riarse. Così è la vita di ci confida nei propri giudizi, che fa un assoluto dei propri criteri, che si appoggia all'uomo, a ciò che vedono gli occhi della carne, alle abitudini, ai costumi, alla routine delle relazioni, del lavoro, degli svaghi.
Ma, in fondo, chi è davvero fuori e lontano dalla verità sono i suoi secondo la carne, i parenti di Gesù, che, come appare nel Vangelo, escono per andarlo a prendere. Mentre Gesù è ben dentro la volontà del Padre, il Cielo che plana sulla terra, l'amore che sazia il vuoto e la solitudine. E' questa la vita vera, alla quale siamo tutti chiamati. Accogliere - come i piccoli e i poveri, i peccatori e i falliti del Vangelo - l'unico cibo che non perisce, quello che ha oltrepassato la morte e che può donarci la vita e l'amore senza confini. Accogliere semplicemente e umilmente il folle amore di Dio per uscire con Lui fuori dalle prigioni della carne egoista, e dilatare il cuore, e le ore, ed ogni cellula della nostra esistenza in un amore gratuito e senza riserve che, solo, può saziarci davvero. E' questo che la carne, ogni carne, anche la più depravata e corrotta, desidera, proprio attraverso il grido di dolore che sorge nell'imbattersi con i limiti e i fallimenti.
Perdere la vita, offrirla in dono, completamente, è l'unica via per ritrovarla vera ed eterna. Farsi cibo per saziarci, il paradosso divino, il segreto dell'amore di Dio, incarnato in Gesù e nei suoi santi. Come San Francesco Saverio ad esempio, che in una lettera scritta a Sant'Ignazio di Loyola dalla terra di missione scriveva: "Quando sbarcai in questi luoghi, battezzai tutti i fanciulli che ancora non erano stati battezzati, e quindi un gran numero di ragazzi, che non sapevano neppure distinguere la destra dalla sinistra… Mi assediava una folla di giovani, tanto che non riuscivo più a trovare il tempo per dire l’Ufficio, né per mangiare, né per dormire; chiedevano insistentemente che insegnassi loro nuove preghiere. Cominciai a capire che a loro appartiene il regno dei cieli". Che Dio ci conceda l'umiltà per accogliere l'amore, e che esso trasformi la nostra vita in un'unica, gioiosa, oblazione.
Vino para satisfacer nuestra hambre de Dios. ¿Y como lo hizo?
Él en persona se convirtió en el Pan de la Vida.
Se hizo pequeño, frágil, desarmado para nosotros.
Las migas de pan son tan minúsculas
que incluso un niño puede mascarla,
incluso un agonizante puede comerle.
Se ha convertido en el Pan de la Vida
para saciarse nuestro apetito de Dios,
nuestra hambre de Amor.
Beata Teresa de Calcuta
Evangelio según San Marcos 3,20-21.
Jesús regresó a la casa, y de nuevo se juntó tanta gente que ni siquiera podían comer.
Cuando sus parientes se enteraron, salieron para llevárselo, porque decían: "Es un exaltado".
COMENTARIO
Jesús ha sido fuera de si. No vivió por si mismo ni un segundo, la suya fue una vida totalmente entregada. El amor que lo transformò en pan le impidió tomar pan. Jesús se alimentó de una comida que ni sus parientes más estrechos, ni cada uno de nosotros conoce. La comida de la voluntad de Dios que consiste, según las mismas palabras de Jesús, en que ningún hombre vaya perdido, que todos puedan ser salvados. Jesús tuvo dentro de si un fuego, y no vio la hora que fuera encendido. El fuego que inflamará el mundo, la Cruz de la que atraerá todos a si.
La carne es incapaz de comprender las razones del corazón y el Espíritu. Más bien, les mueve guerra. Por eso los suyos según la carne, los que vieron a Jesús niño, y luego adolescente, y luego joven en la carpinteria del padre, no pudieron aceptar la locura de un amor que lo empujó bien más allá de los límites de la carne, al punto de darla que comer, de ser tomada, humillada, fustigada, herida, partida, matada. La comida de Jesús fue ofrecerse a si mismo como alimento, y consumirse, consagrarse hasta al final, para saciar, para llenar, para amar. Un lenguaje duro dirán luego a los que lo siguieron sobre las sendas de los milagros que se saciaron el hambre del cuerpo; lenguaje duro e incomprensible a los criterios mundanos y carnales, estrechos entre cálculos y conveniencias, en la espera de cotejos y desquites.
Cuántas veces también nosotros quedamos pasmados frente a una amabilidad recibida en respuesta a una ofensa hecha; cuántas veces frente a las atenciones por parte de los hijos, de los amigos y parientes, pensamos enseguida en escondidos dobles fines, y nos cerramos a defendernos en lugar de abrirnos y recibir el regalo. No somos preparados, la carne no sabe dilatarse y acoger la gratuidad. La carne, herida y envenenada del pecado y del engaño del mentiroso, ve el mal en todo sitio, siempre piensa mal, no es simple y límpida. El demonio que la subyuga tuerce todo e intercambia el mal en bien, la libertad por esclavitud, el amor por locura. Y nos hace cerrar en el egoísmo que se soluciona siempre en una angustiada soledad. Quien no sabe amar no ve el amor. Quien està cerrado sólo viviendo por si mismo no puede reconocer la gratuidad. Quien confía en la carne dice la Escritura, es maldecido, es como un temerisco en la estepa, cuando viene el bien no lo ve; es como tierra desierta que no ve nunca el agua. Así es la vida de quien confía en sus propios juicios, que hace un absoluto de sus proprios criterios, que se apoya en el hombre, a lo que ven los ojos de la carne, a las costumbres, a las convenciones, a la rutina de las relaciones, del trabajo, de las diversiones.
Pero, en el fondo, quién està de veras fuera y lejos de la verdad son los suyos según la carne, los parientes de Jesús, que, como aparece en el Evangelio, salen para llevarselo. Mientras Jesús està bien dentro de la voluntad del Padre, el Cielo que planea sobre la tierra, el amor que sacia el vacío y la soledad. Es esta la vida verdadera, a la que todos estamos llamados. Acoger - como los pequeños y los pobres, los pecadores y los quebrados del Evangelio - la única comida que no perece, el alimento que ha superado la muerte y que puede donarnos la vida y el amor sin confines. Acoger sencillamente y humildemente el loco amor de Dios para con Él salir fuera de las prisiones de la carne egoísta, y dilatar el corazón y las horas y cada célula de nuestra existencia en un amor gratuito y sin reservas que, sólo, puede saciarnos de verdad. Es ésto que la carne, cada carne, también la más depravada y corrompida, desea, precisamente a través de el grito de dolor que surge en el toparse con los límites y los fracasos.
Perder la vida, ofrecerla en don, completamente, es el único camino para hallarla verdadera y eterna. Hacerse comida para saciarnos, la paradoja divina, el secreto del amor de Dios, encarnado en Jesús y en sus santos. Cómo San Francisco Javier por ejemplo, que escribió en una carta enviada a Sant'Ignazio de Loyola de la tierra de misión: "Cuando desembarqué en estos lugares, bauticé a todos los niños que no estaban bautizados todavía, y por lo tanto un gran número de chicos, que no sabian ni siquiera distinguir la derecha de la izquierda... Me asedió una muchedumbre de jóvenes, tanto que ya no logré encontrar el tiempo para decir el Oficio, ni para comer, ni para dormir; preguntaron insistentemente que les enseñara nuevas oraciones. Empecé a entender que a ellos pertenece el reino de los cielos." Qué Dios nos conceda la humildad para acoger el amor, y que ello transforme nuestra vida en una única, alegre, oblación.
Beata Teresa di Calcutta (1910-1997), fondatrice delle Suore Missionarie della Carità
No greater love
Gesù, uomo mangiato
Quando Gesù venne in questo mondo, lo amò con un amore così grande da dare la sua vita per lui. Venne per soddisfare la nostra fame di Dio. E come fece questo ? Egli in persona diventò il Pane della Vita. Si fece piccolo, fragile, disarmato per noi. Le briciole di pane sono così minuscole che pure un bambino può masticarle, pure un agonizzante può mangiarle. È diventato il Pane della Vita per sfamare il nostro appetito di Dio, la nostra fame di Amore.
Credo che non avremmo mai potuto amare Dio, se Gesù non fosse divenuto uno di noi. Ed è divenuto uno di noi in ogni cosa, eccetto il peccato, per renderci capaci di amare Dio. Creati a immagine di Dio, siamo stati creati per amare, poiché Dio è amore. Nella sua passione, Gesù ci ha insegnato come perdonare per amore, come dimenticare per umiltà. Trova Gesù, e troverai la pace.
San Tommaso d'Aquino (1225-1274), teologo domenicano, dottore della Chiesa
Opuscolo nella festa del Corpo del Signore (trad. dal breviario)Gesù si dona totalmente fino a farsi cibo per noi
L'Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi da uomini dèi. Tutto quello che assunse, lo valorizzò per la nostra salvezza. Offrì infatti a Dio Padre il suo corpo come vittima sullìaltare della croce per la nostra riconciliazione. Sparse il suo sangue facendolo valere come prezzo e come lavacro, perché, redenti dalla umiliante schiavitù, fossimo purificati da tutti i peccati.
Perché rimanesse in noi, infine, un costante ricordo di così grande beneficio, lasciò ai suoi fedeli il suo corpo in cibo e il suo sangue como bevanda, sotto le specie del pane e del vino... Che cosa mai vi può essere di più prezioso? Non ci vengono imbandite le carni dei vitelli e dei capri, como nella legge antica, ma ci viene dato in cibo Cristo, vero Dio. Che cosa di più sublime di questo sacramento?... Nessuno può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.
Egli istituì l'Eucaristia nell'ultima cena, quando, celebrata la Pasqua con i suoi discepoli, stava per passare dal mondo al Padre. L'Eucaristia è il memoriale della passione, il compimento delle figure dell'Antica Alleanza, la più grande di tutte le meraviglie operate dal Cristo, mirabile documento del suo amore immenso per gli uomini.
Santo Tomás de Aquino (1225-1274), teólogo dominico, doctor de la Iglesia
Opúsculo para la fiesta del Cuerpo de CristoJesús se dio totalmente: se dio él mismo como comida
El Hijo único de Dios, queriendo hacernos participar de su divinidad, tomó nuestra naturaleza con el fin de divinizar a los hombres, y se hizo hombre. Además, lo que tomó de nosotros nos lo ha dado enteramente para nuestra salvación. En efecto, sobre el altar de la cruz ofreció su cuerpo en sacrificio a Dios Padre con el fin de reconciliarnos con él, y derramó su sangre para que fuera al mismo tiempo nuestro rescate y nuestro bautismo: rescatados de una lamentable esclavitud, quedaríamos purificados de todos nuestros pecados.
Y para que conserváramos siempre en la memoria un tan gran beneficio, dejó a sus fieles su cuerpo como comida y su sangre como bebida, bajo las apariencias de pan y de vino... ¿Puede haber algo de mayor precio que ese banquete en el que no se nos propone, como en la Ley antigua, comer la carne de terneros y machos cabríos, sino el mismo Cristo que es Dios verdaderamente? ¿Hay algo más admirable que este sacramento?... Nadie es capaz de expresar las delicias de este sacramento puesto que en él se gusta la dulzura espiritual en su misma fuente; y en él se celebra la memoria de este amor insuperable que Cristo nos mostró En su Pasión.
Quiso que la inmensidad de este amor quedara grabado más profundamente en el corazón de los fieles. Por eso en la última Cena, después de haber celebrado la Pascua con sus discípulos, sabiendo que iba a pasar de este mundo a su Padre, instituyó este sacramento como memorial perpetuo de su Pasión, cumplimiento de las antiguas prefiguraciones, el mayor de todos los milagros; y a los que su ausencia iba a llenar de tristeza, les dejó este sacramento como incomparable consuelo.
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