Mercoledì della I settimana del Tempo Ordinario




Egli per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; 
per questo anche noi possiamo rispondere con l'amore. 
Dio non ci ordina un sentimento 
che non possiamo suscitare in noi stessi. 
Egli ci ama, ci fa vedere e sperimentare il suo amore e, 
da questo «prima» di Dio, 
può come risposta spuntare l'amore anche in noi.

Benedetto XVI, Deus caritas est, n. 17



Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39.


E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. 


IL COMMENTO


A letto con la febbre si ha bisogno di tutto e nulla si può fare. La spossatezza toglie anche la voglia di leggere, di guardare la televisione, di parlare. La suocera di Pietro è immagine di quella febbre dello spirito che spesso ci assale e ci paralizza, impedendoci di servire, di amare. E' la febbre di questo tempo in preda a depressioni e anoressie. E' la febbre dell'alcool, della droga, di tutti quei giacigli nei quali ci rifugiamo per sfuggire alle incombenze serie della vita, quelle che ci chiamano a donare la vita. La febbre è sintomo di una malattia più profonda, un'infezione che corrode il cuore. Per quanto si cerchi di riposare, le fughe si risolvono sempre in fallimenti, e la febbre aumenta.


Ma c'è la Chiesa. Come una madre premurosa si preoccupa di noi, e ne parla con il suo Signore. E' questa la prima missione della Chiesa: pregare, implorare, affidare. Come diceva Santa Caterina da Siena, spesso accade che sia molto più fecondo parlare a Dio degli uomini che non di Dio agli uomini. Ed è una parola anche per i genitori, per i catechisti, per i presbiteri. E' il criterio che appare nel Vangelo, dove Gesù è solo, nella notte, in preghiera. E' questo il grembo da cui nasce ogni missione. Parlare al Padre del proprio figlio in difficoltà, della moglie in crisi, del marito depresso, di chiunque abbiamo a cuore ed è in preda alla febbre, di ogni relazione, del lavoro, del matrimonio, del fidanzamento, dell'amicizia. Senza questa preghiera, senza questo parlare a Dio, la Chiesa e ciascuno di noi sbaglierà tempi e parole, rinchiuderà ogni opera nell'angusto confine della carne e dei suoi criteri, e sarà fallimento. Si tratta di inginocchiarsi e aprire il cuore al Signore, far nomi e cognomi, e implorare l'aiuto. Secondo la sua volontà. In essa solo si trova la pace anche in situazioni limite, conflittuali, apparentemente senza sbocchi. E' la preghiera insistente che apre il cammino al Signore, perchè è Lui che opera, che sana, che ridesta alla vita.


La Chiesa - Giacomo e Giovanni - accompagna Cristo al capezzale della suocera di Pietro, e lascia che Lui compia la volontà del Padre. Non si tratta solo di guarire dalla febbre, un'aspirina e via; non è cucire una toppa su un vestito vecchio. E' il vino nuovo della vita quello che Gesù infonde, la sua vittoria sulla malizia che alberga nel cuore, il peccato di cui la febbre è solo un sintomo. Gesù sa guardare oltre le apparenze, e la sua diagnosi non fallisce. La suocera di Pietro è afflitta da un morbo maligno di morte, giace a letto, e nel Vangelo il verbo greco è lo stesso usato per definire il giacere nella tomba. Per questo Gesù prende per mano la donna e la solleva, la risuscita secondo il verbo originale greco. Ed il frutto sarà il servizio, la diaconia, l'amore gratuito, l'offerta della propria vita. Gesù infatti, di fronte alle gelosie dei discepoli, si presenta proprio come colui che serve, essendo venuto non per essere servito, ma per dare la vita in riscatto per molti. E' questo il miracolo che ci presenta il Vangelo, Gesù che si accosta a ciascuno di noi, perchè non viviamo più per noi stessi. E' molto più di una semplice guarigione, è un cambio di natura, da schiavo a figlio, e, perchè figlio, servo.


Si comprende così l'atteggiamento di Gesù che non si ferma laddove tutti lo cercano. Esattamente il contrario di ciò che cerchiamo e desideriamo: essere acclamati, amati, apprezzati per quanto facciamo per gli altri. Madre, padre, marito, moglie, fidanzato, amico, ci spendiamo sino all'inverosimile, ma è solo per appropriarci dell'altro, per carpirne la gratitudine, il laccio che gli stringiamo al collo con soave perversione. Gesù invece sfugge alla carne, non cerca la gloria dagli uomini, si spende perchè ogni uomo, anche il più grande peccatore, possa essere glorificato davanti al Padre, perdonato e ricreato nel suo amore. Gesù è uscito-venuto dal Padre per compiere una missione, e la sua vita non gli appartiene; essa è una porta aperta come quella della casa di Pietro, come quella della Chiesa. Tutta la città può entrare attraverso di Lui, perchè è l'unico pastore che conosce sino in fondo le sue pecore. Di esse conosce e condivide ogni dolore, ogni angoscia, ogni peccato. Nella notte della morte che si stende sulla vita degli uomini Gesù è lì, ad annunciare l'amore di Dio suo Padre, più forte della notte, del peccato, della morte. Gesù schiude anche oggi la porta della vita, della misericordia e dell'amore; attraverso di essa possiamo entrare di nuovo nell'intimità di Dio, essergli familiari, figli, e da figli vivere e camminare nel servizio che è l'amore gratuito per il quale siamo stati creati.




  • Cafarnao, il nome
  • Cafarnao. Il villaggio, la storia, gli abitanti, la sinagoga, l'Insula sacra e la Domus-ecclesia
  • CAFARNAO E I VANGELI
  • Cafarnao, gli scavi archeologici
  • Cafarnao, immagini


  • San Vincenzo de Paoli (1581-1660), sacerdote, fondatore di comunità religiose 
    Istruzione del 16/8/1656 a due suore inviate ad Arras


    «Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano»


            E' bello leggere ciò che si dice nel Vangelo della suocera di Pietro. Questa donna buona, colpita da febbre alta, aveva sentito dire che il Signore era a Cafarnao e faceva grandi miracoli, guariva malati, cacciava demoni ed altre meraviglie. Ella sapeva che suo genero era col Figlio di Dio e poteva dire a san Pietro: «Figlio mio, il tuo maestro è potente e può liberarmi da questa malattia». 


            Poco tempo dopo, il Signore andò nella sua casa, ma ella non mostra alcun disappunto per il proprio male; non si lamenta, non prega suo genero, né il Signore, perché avrebbe potuto dirgli: «So che tu, o Signore, hai il potere di guarire ogni sorta di malattie: abbi pietà di me». Ella non disse nulla di simile, e il Signore, vedendo che lei non si curava di sé, comandò alla febbre di lasciarla ; e subito ella fu guarita.


            In tutto quanto di sgradevole ci capita, non lasciamoci prendere dalla preoccupazione, affidiamo tutto alla Provvidenza, e ci basti sapere che il Signore ci vede e sa ciò che sopportiamo per amore suo e per imitare i luminosi esempi che ci ha dato, particolarmente nell'orto degli ulivi, quando accettò il calice... Perché, anche se ha chiesto che passasse, se fosse stato possibile, senza berlo, ha subito soggiunto che fosse fatta la volontà del Padre suo (Mt 26,42).  


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