Il punto di partenza è l'esperienza
della fede come realtà.
Il cristianesimo è presenza, il qui ed ora del Signore,
che ci sospinge nel qui ed ora della
fede e della vita di fede.
E così diventa chiara la vera
alternativa:
il cristianesimo non è teoria, né
moralismo, né ritualismo,
bensì avvenimento, incontro con una
presenza,
con un Dio che è
entrato nella storia e che continuamente vi entra.
Il cristianesimo è avvenimento;
il cristianesimo è
incontro con la persona di Gesù Cristo.
Card. Joseph Ratzinger
Dal Vangelo secondo Luca 4,14-22.
Gesù ritornò in
Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la
regione.
Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.
Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
Il commento
Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.
Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.
Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.
Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.
Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi».
Il commento
La
fede non è un salto nel buio. «Che cosa è infatti il cristianesimo? È forse una
dottrina che si può ripetere in una scuola di religione? È forse un seguito di
leggi morali? È forse un certo complesso di riti? Tutto questo è secondario,
viene dopo. Il cristianesimo
è un fatto, un avvenimento» (Don
Luigi Giussani). La fede, nel cristianesimo, è l’esperienza fondante che
continua a ripetersi nell'arco di una vita, come quella offerta da Gesù nella
sinagoga di Cafarnao. In ebraico la parola fede, emunah, non
ha il significato che siamo soliti conferirgli: essa rimanda ad un sostegno, a qualcosa di fermo su cui poter
appoggiarsi: "in Cristo abbiamo
come un'àncora della nostra fede"
(Eb. 6,19). In quella sinagoga Gesù inaugura la sua missione, laddove era stato
“allevato” nello studio della Torah. Gesù torna alle origini, alle fonti della sua storia, che è la storia di Dio con il suo popolo,
perché "il punto di partenza (del cristianesimo) è l'esperienza della
fede come realtà” (Card. Ratzinger). Gesù inizia dunque dalla sua stessa realtà, dai
suoi parenti, dai suoi amici; dalle strade, le botteghe, le piazze dove è
cresciuto, dai luoghi e dalle persone che gli sono più familiari, come una
profezia per tutte le Nazaret della storia, anche le nostre. L’annuncio del Vangelo, infatti, svela il mistero dell’appartenenza
a Dio di ogni uomo. Ogni realtà nella
quale viene proclamata la Buona Notizia diviene come Nazaret, la città del
Figlio di Dio, perché essa illumina il passato e il presente con il bagliore
della vittoria di Cristo, e cambia il corso della storia dischiudendo un futuro
di salvezza. Chiunque ascolti la
predicazione si sente familiare e amico di Gesù, protagonista della storia di salvezza con cui Dio ha
condotto il suo popolo. La storia di un innamoramento fattosi amore
travolgente, sigillato in un'alleanza eterna; ma anche storia di tradimenti,
cadute, e perdono e misericordia. Una storia di “schiavitù, oppressione,
povertà e cecità”, quella di un resto umiliato, con gli occhi fissi su una promessa, nell’attesa ardente del suo compimento. Il “Sabato”
per Israele è tutto questo, il compimento delle nozze promesse. Ma, per
guardare alla realtà senza pregiudizi e lasciarsi salvare dalla predicazione,
occorrono occhi umili e semplici, “occhi
fissi su Gesù”. In ebraico il valore
numerico delle lettere che formano la parola emunah,
corrisponde al valore numerico della parola bambini.
Occhi di bambini dunque, sempre in attesa, che, nella tradizione ebraica, si
schiudono solo nello Shabbat.
In ebraico shabbat è femminile, e in tutta la simbologia
il sabato è paragonato alla sposa. Il canto per eccellenza con cui si accoglie
questa festa è Lehà doddì =
Vieni mio caro, dalle prime due
parole del ritornello che viene ripetuto dopo ogni strofa. Israele viene
presentato come uno sposo invitato ad incontrare la sua sposa: “Vieni mio caro
incontro alla sposa, accogliamo shabbat”. Nel
sabato risuonano le parole del Cantico dei Cantici, e in quel sabato a Nazaret
era finalmente giunto lo Sposo. "Secondo il suo solito" Gesù si reca
alla sinagoga, ma quel giorno
è diverso dal solito. Come da
sempre Egli è stato con noi, in ogni istante, "secondo
il suo solito"; ma vi è un momento che è diverso, quando tutto
acquista il sapore della novità. E' diverso l'istante nel quale risuona
l'annuncio del Vangelo, e quel giorno, forse grigio di stanca routine, o zuppo
di dolore e lacrime, è trasformato nel Sabato delle nozze, giorno di festa e
felicità, per ogni uomo di qualsiasi parte del mondo. Per questo San Paolo dirà
"guai a me se non evengelizzassi": sapeva infatti che la stoltezza
della predicazione è lo strumento che Dio ha scelto per donare la fede, l'àncora
che mette in salvo la vita. Ecco dunque lo sposo dietro la grata, eccolo raccogliere il rotolo del Libro, dove è scritta
la sua storia e la volontà del Padre. Ecco il corpo preparato per rivelare
l'Eterno, l'amore promesso, tante volte donato, e ora vivo davanti ai suoi
compatrioti; come oggi è dinanzi a ciascuno di noi Gesù, incarnato nella sua
Parola, nei sacramenti, nell’amore e nell’unità, la comunione più forte della
morte che fa della Chiesa il suo corpo nella storia. Ecco Gesù, oggi, ora: ci
ha raggiunti nella nostra storia, che è anche la sua, e lo possiamo fissare per
raccogliere anche solo una goccia della rugiada d’amore che sgorga dal suo
cuore. Ecco il sabato compiuto, il riposo agognato, quel volto di ebreo che
stilla dolcezza e attira irresistibilmente ogni sguardo. Eccolo consegnare un oggi eterno di misericordia, in quell'istante di duemila anni fa come in ogni
istante di ogni vita, terra dissodata dalle vicende della storia di ciascuno, divenuta
oggi fertile perché visitata da Lui, zolle fresche dove deporre la Parola già compiuta.
Ecco la “libertà, la salvezza, la guarigione”, la gioia che solo la sua
presenza nella nostra vita può generare, perché “quando il Signore predica, il
cielo si apre, la fame è tolta, le anime dei fedeli si inebriano del nettare
celeste” (San Bruno di Segni). Tutta
la storia di Israele si fissa in
quell'istante, e la nostra in questo giorno, e trova senso e compimento, e
benedizione stupita. Ecco la sua voce, quelle parole che chi ce
le ha mai dette così?, e l'invito ad alzarci e ad andare con Lui, perché
l'inverno della morte e del peccato è passato, è già ora incipiente la
primavera della Pasqua, della vita rinata per non morire più. E' Lui che
aspettavamo, da sempre, il "più bello tra i figli di Adamo". E' Lui
che oggi spalanca le sue braccia e dilata il suo cuore per sposarci, per
attirarci nel suo amore infinito, per dare luce e splendore, sapore e allegria
alle nostre esistenze, crocifisse e dolenti che siano.
APPROFONDIMENTI
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