I quattro Evangelisti sono concordi nell’attestare
che la liberazione da malattie e infermità di ogni
genere costituì,
insieme con la predicazione,
la principale attività di Gesù nella sua vita
pubblica.
In effetti, le malattie sono un segno
dell’azione del Male nel mondo e nell’uomo,
mentre le guarigioni dimostrano che il Regno di Dio,
Dio stesso è vicino.
Gesù Cristo è venuto a sconfiggere il Male alla
radice,
e le guarigioni sono un anticipo della sua vittoria,
ottenuta con la sua Morte e Risurrezione.
Benedetto XVI
Dal Vangelo secondo Marco 1,29-39.
E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Il commento
A letto con la febbre si ha bisogno di tutto e nulla si può fare. La spossatezza toglie anche la voglia di leggere, di guardare la televisione, di parlare. La suocera di Pietro è immagine di quella febbre dello spirito che spesso ci assale e ci paralizza, impedendoci di servire, di amare. E' la febbre di questo tempo in preda a depressioni, anoressie e bulimie. E' la febbre dell'alcool, della droga, di tutti quei giacigli nei quali ci rifugiamo per sfuggire alle incombenze serie della vita, quelle che ci chiamano a donare la vita. La febbre è sintomo di una malattia più profonda, un'infezione che corrode il cuore. Per quanto si cerchi di riposare, le fughe si risolvono sempre in fallimenti, e la febbre aumenta. Ma c'è la Chiesa, che, come una madre premurosa si preoccupa di noi, e ne parla con il suo Signore. E' questa la prima missione della Chiesa: pregare, implorare, affidare. Come diceva Santa Caterina da Siena, spesso accade che sia molto più fecondo parlare a Dio degli uomini che non di Dio agli uomini. Ed è una parola anche per i genitori, per i catechisti, per i presbiteri. E' il criterio che appare nel Vangelo, dove Gesù è solo, nella notte, in preghiera. E' questo il grembo da cui nasce ogni missione. Parlare al Padre del proprio figlio in difficoltà, della moglie in crisi, del marito depresso, di chiunque abbiamo a cuore ed è in preda alla febbre, di ogni relazione, del lavoro, del matrimonio, del fidanzamento, dell'amicizia. Senza questa preghiera, senza questo parlare a Dio, la Chiesa e ciascuno di noi sbaglierà tempi e parole, rinchiuderà ogni opera nell'angusto confine della carne e dei suoi criteri, e sarà fallimento. Si tratta di inginocchiarsi e aprire il cuore al Signore, far nomi e cognomi, e implorare l'aiuto, secondo la sua volontà. La Chiesa – identificata in Giacomo e Giovanni - accompagna Cristo al capezzale della suocera di Pietro, e lascia che Lui compia la volontà del Padre. Non si tratta solo di guarire dalla febbre, un'aspirina e via, come non basta cucire una toppa su un vestito vecchio. Gesù infonde il vino nuovo della vita, la sua vittoria sulla malizia che alberga nel cuore, il peccato di cui la febbre è solo un sintomo. Gesù sa guardare oltre le apparenze, e la sua diagnosi non fallisce. La suocera di Pietro è afflitta da un morbo maligno di morte, giace a letto, e il verbo greco è lo stesso che definire il giacere nella tomba. Per questo Gesù prende per mano la donna e la solleva, la risuscita, ancora secondo l’originale greco. E il frutto sarà il servizio, la diaconia, l'amore gratuito, l'offerta della propria vita: “Con la sua mano prese la mano di lei. O beata amicizia, o dolcissimo bacio! La fece alzare dopo averla presa per mano: la mano di lui guarì la mano di lei. La prese per mano come medico, sentì le sue vene, costatò la violenza della febbre, egli che è medico e medicina. Gesù tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per rendere pure le nostre opera” (S. Girolamo).
E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.
Il commento
A letto con la febbre si ha bisogno di tutto e nulla si può fare. La spossatezza toglie anche la voglia di leggere, di guardare la televisione, di parlare. La suocera di Pietro è immagine di quella febbre dello spirito che spesso ci assale e ci paralizza, impedendoci di servire, di amare. E' la febbre di questo tempo in preda a depressioni, anoressie e bulimie. E' la febbre dell'alcool, della droga, di tutti quei giacigli nei quali ci rifugiamo per sfuggire alle incombenze serie della vita, quelle che ci chiamano a donare la vita. La febbre è sintomo di una malattia più profonda, un'infezione che corrode il cuore. Per quanto si cerchi di riposare, le fughe si risolvono sempre in fallimenti, e la febbre aumenta. Ma c'è la Chiesa, che, come una madre premurosa si preoccupa di noi, e ne parla con il suo Signore. E' questa la prima missione della Chiesa: pregare, implorare, affidare. Come diceva Santa Caterina da Siena, spesso accade che sia molto più fecondo parlare a Dio degli uomini che non di Dio agli uomini. Ed è una parola anche per i genitori, per i catechisti, per i presbiteri. E' il criterio che appare nel Vangelo, dove Gesù è solo, nella notte, in preghiera. E' questo il grembo da cui nasce ogni missione. Parlare al Padre del proprio figlio in difficoltà, della moglie in crisi, del marito depresso, di chiunque abbiamo a cuore ed è in preda alla febbre, di ogni relazione, del lavoro, del matrimonio, del fidanzamento, dell'amicizia. Senza questa preghiera, senza questo parlare a Dio, la Chiesa e ciascuno di noi sbaglierà tempi e parole, rinchiuderà ogni opera nell'angusto confine della carne e dei suoi criteri, e sarà fallimento. Si tratta di inginocchiarsi e aprire il cuore al Signore, far nomi e cognomi, e implorare l'aiuto, secondo la sua volontà. La Chiesa – identificata in Giacomo e Giovanni - accompagna Cristo al capezzale della suocera di Pietro, e lascia che Lui compia la volontà del Padre. Non si tratta solo di guarire dalla febbre, un'aspirina e via, come non basta cucire una toppa su un vestito vecchio. Gesù infonde il vino nuovo della vita, la sua vittoria sulla malizia che alberga nel cuore, il peccato di cui la febbre è solo un sintomo. Gesù sa guardare oltre le apparenze, e la sua diagnosi non fallisce. La suocera di Pietro è afflitta da un morbo maligno di morte, giace a letto, e il verbo greco è lo stesso che definire il giacere nella tomba. Per questo Gesù prende per mano la donna e la solleva, la risuscita, ancora secondo l’originale greco. E il frutto sarà il servizio, la diaconia, l'amore gratuito, l'offerta della propria vita: “Con la sua mano prese la mano di lei. O beata amicizia, o dolcissimo bacio! La fece alzare dopo averla presa per mano: la mano di lui guarì la mano di lei. La prese per mano come medico, sentì le sue vene, costatò la violenza della febbre, egli che è medico e medicina. Gesù tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per rendere pure le nostre opera” (S. Girolamo).
Il miracolo che ci
presenta il Vangelo, molto più di una semplice guarigione, consiste in un cambio di natura: Gesù che si accosta a ciascuno di
noi, perché non viviamo più per noi stessi: “le guarigioni
sono segni: guidano verso il messaggio di Cristo, ci guidano verso Dio e ci fanno
capire che la vera e più profonda malattia dell’uomo è l’assenza di Dio, della
fonte di verità e di amore. E solo la riconciliazione con Dio può donarci la
vera guarigione, la vera vita, perché una vita senza amore e senza verità non
sarebbe vita” (Benedetto XVI). Proprio per annunciare a tutti la
riconciliazione con il Padre, Gesù non si ferma laddove opera i miracoli e gli
esorcismi, nel luogo dove tutti vengono a cercarlo, al contrario di ciò che
cerchiamo e desideriamo: essere acclamati, amati, apprezzati per quanto
facciamo per gli altri. Madre, padre, marito, moglie, fidanzato, amico, ci
spendiamo sino all'inverosimile per loro, ma è solo per appropriarci
dell'altro, per carpirne la
gratitudine, stringendo al loro collo un laccio con soave perversione. Gesù
invece sfugge alla carne, non cerca la gloria dagli uomini, si spende perché
ogni uomo, anche il più grande peccatore, possa essere glorificato davanti al
Padre, perdonato e ricreato nel suo amore. La Chiesa non è un’agenzia che
dispensa guarigioni, un negozio con orari di apertura e chiusura. Inviata da
Gesù, ne segue le “tracce” che si inoltrano nel “buio” del mondo per attirare
ogni uomo “sul far del mattino”, nell’alba della sua risurrezione. La Chiesa
vive unita con Lui sola a solo con il
Padre, nell’intercessione instancabile con cui offre se stessa per riconciliare
in Cristo ogni peccatore. Gesù, infatti, è uscito-venuto dal Padre per compiere una missione, e
la sua vita non gli appartiene; essa è una porta aperta come quella della casa
di Pietro, immagine della Chiesa. Tutta la città può entrare attraverso di Lui,
perché è l'unico pastore che conosce sino in fondo le sue pecore. Nella notte
della morte che si stende sulla vita degli uomini Gesù è lì, ad annunciare in
ogni “villaggio” l'amore di Dio, più forte del peccato e della morte. Gesù
schiude anche oggi la porta della vita, della misericordia e dell'amore;
attraverso di essa possiamo anche noi entrare di nuovo nell'intimità di Dio,
essergli familiari, figli, per vivere e camminare nel servizio del Vangelo, che
è l'amore gratuito per il quale siamo stati creati.
APPROFONDIMENTI
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