C'è un passo nel Vangelo che mi sconcerta, quello in cui Gesù dice: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il ciclo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto».
Cristo non viene a infrangere la legge, non viene a dichiararla superata o senza senso. Del resto, questo non lo fa nemmeno Paolo, per quanto alcuni ritengano di trovare nelle posizioni paoline elementi di tensione con le parole di Gesù riportate da Matteo. Cristo dice che la legge antica conserva il suo significato pedagogico essenziale fin nei dettagli. Cristo viene a darle compimento. Il che significa però anche innalzarla ad un piano più alto. Cristo le da compimento nella sua sofferenza, nella sua vita, nel suo messaggio. E fa sì che in lui la legge intera trovi il suo senso. Tutto quello che nella legge si intende e si richiede all'uomo trova davvero realizzazione nella sua persona.
Questo è il motivo per cui non abbiamo più bisogno di osservare la lettera della legge, tutte le prescrizioni regolate fin nel dettaglio. La comunione con Cristo significa che siamo là dove la legge è portata a compimento; dove ha trovato la sua sede naturale; dove è stata insieme sussunta e trasformata.
Ci sono intere biblioteche piene di testi giuridici che regolano la convivenza e la correttezza di comportamento nei singoli stati. Cristo, al contrario, è stato evidentemente in grado di sintetizzare in poche frasi comprensibili e realizzabili per tutti, al di là di tutte le possibili differenze culturali, la legge fondamentale che regola il mondo.
Quando gli fu chiesto: «Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?», rispose in questo modo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso». E poi aggiunge, a chiarificazione ulteriore: «Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti».
Questa è in effetti la grande frattura, la sintesi che ci offre Cristo. Il suo sguardo si solleva dalle diverse prospettive, dai particolari per abbracciare l'insieme e ci dice: In questo duplice comandamento è racchiuso tutto. Dio e il prossimo sono inseparabili. Gesù ha portato a termine un'enorme semplificazione, che però non è uno sconto o una banalizzazione ma evidenziazione dell'essenziale. Qui viene in primo piano il nucleo portante di tutto, attorno a cui tutto ruota e su cui tutto si gioca, come dice Paolo. Se non teniamo questo come comandamento principale, allora le nostre parole sono solo chiacchiere vuote o bronzo che risuona. Gli esercizi di devozione e le attività di qualsiasi tipo sono vane se non le anima il soffio vivificante dell'amore. Non aiutano l'uomo a entrare in contatto con Dio e non sono di alcuna utilità anche per il prossimo. Da questo punto di vista, questa essenzializzazione, questa semplificazione, che testimonia della semplicità e insieme della grandezza e della bellezza delle sue pretese, rappresenta davvero una sostanziale frattura.
Dobbiamo ovviamente tenere presente che nell'antico Israele l'ordinamento legislativo, le regole morali, e la regolamentazione del culto si intrecciavano. Con l'avvento di Cristo }ueste tre sfere si separano. La religione acquisisce per così lire sostanza autonoma. Anima lo stato e il diritto e fornisce oro parametri morali, ma il diritto statuale si distingue dai recetti della morale o dagli insegnamenti della Chiesa.
Da questo punto di vista negli stati dovranno continuare a esistere ordinamenti e norme legislative. Questi però affonderebbero le loro radici nel vuoto se non fossero internamente animati; se gli uomini non riconoscessero innanzitutto interiormente la legittimità delle pretese essenziali esercitate su di loro e non trasformassero in questo modo gli ordinamenti legislativi da meri regolamenti esteriori a fondamenta di una corretta convivenza.
È questo che intendeva quando diceva che la vera legge naturale è una legge morale?
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