IV Domenica del Tempo di Avvento. Anno B


αποφθεγμα Apoftegma

Ciò che accadde qui a Nazareth, lontano dagli sguardi del mondo, 
è stato un atto singolare di Dio, 
un potente intervento nella storia attraverso il quale un bambino fu concepito 
per portare la salvezza al mondo intero. 
Il prodigio dell'Incarnazione continua a sfidarci ad aprire la nostra intelligenza 
alle illimitate possibilità del potere trasformante di Dio, 
del suo amore per noi, del suo desiderio di essere in comunione con noi. 
Qui l'eterno Figlio di Dio divenne uomo, 
e rese così possibile a noi, suoi fratelli e sorelle, di condividere la sua figliolanza divina. 
Quel movimento di abbassamento di un amore che si è svuotato di sé 
ha reso possibile il movimento inverso di esaltazione 
nel quale anche noi siamo elevati a condividere la vita stessa di Dio.

Benedetto XVI






L'ANNUNCIO
In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
 (Dal Vangelo secondo Luca 1, 26-38)





“Nulla è impossibile a Dio”. E nulla possiamo fare senza di Lui. O tutto o nulla, non vi sono alternative. Per questo sentiamo lacerarsi il cuore, la mente, la vita. Vorremmo avere tutto e possediamo nulla. Spesso il vuoto ci preme nel petto, la frustrazione sbiadisce le nostre ore, anche le gioie più limpide si portano dietro un retrogusto amaro d'insoddisfazione.


Molti, troppi giorni giungono alla sera come limoni spremuti, e non c'è più neanche una goccia da tirar fuori. Come il grembo di una donna sterile, ghigno crudele della natura che sfregia il santuario stesso della vita. Il grembo di Elisabetta, il nulla secondo le stesse parole di Gesù. E la “vergogna” che per noi si chiama complessi, insoddisfazioni, depressioni, crisi e stanchezza.
Il nostro nulla. Ne facciamo esperienza nelle amicizie, nei rapporti coniugali, nello studio e nel lavoro. Un frammento latino del I Secolo recita: «In nihil ab nihilo quam cito recidimus», "Nel nulla dal nulla quanto presto ricadiamo" (Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. VI, n. 26003).
Ma il nulla esiste perché esiste il tutto, la possibilità di una pienezza capace di saziare, di dare senso, di donare felicità. Dal testo biblico della Creazione scopriamo che il tutto è l'amore. Si tratta dell'amore incontenibile di Dio che si è compiuto nel creare. 


Dio ha voluto colmare il nulla, e dal nulla ha creato l'universo e l'uomo. Ciascuno di noi è frutto dell'inarrestabile volontà d'amore di Dio. Dio creando ha separato il nulla dal tutto, la notte dal giorno, il mare dalla terra ferma.
Ha conferito un ordine al mondo e questo ordine è il segno dell'amore. Dove Dio è presente brilla la luce, fiorisce la vita, esplode l'amore. Dove Dio è assente le tenebre avvolgono il nulla e la gelida solitudine del non amore.
Guardiamoci intorno, il nulla produce il nulla, ovunque, perché non c’è amore. Chiediamoci davvero, sulla soglia di questo Natale, se c’è amore nei nostri pensieri. Quando guardi chi ti è accanto, o vedi passare un volto protagonista di una notizia. Quando parli, quando lavori, studi o stai con il fidanzato o gli amici.



Amore dico, quello che risplende sulla Croce. Prendi una croce e mettila sopra alla tua vita: quando stamattina hai parlato con tua moglie, quando hai preso quella decisione in ufficio, erano a forma di croce le parole, i pensieri? 
In ogni nostra cellula è inscritto lo stesso amore nel quale siamo stati creati, la stessa inquietudine divina, come un fiume in piena che deve, necessariamente, irrompere e riversarsi in qualche spazio.
Anche il seno di una donna che ne orienta i pensieri, ne regola i tempi, è creato per dare la vita, nell'attesa di accoglierla per gestarla e consegnarla al mondo. E' una traccia, forse la più limpida, dell'ordine d’amore insito nella creazione.





In essa non vi è veleno di morte avendo Dio creato tutto per esistere, e le sue opere sono perfette: « Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l'esistenza... Sì, Dio ha creato l'uomo per l'incorruttibilità; lo fece a immagine della propria natura. Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono » (Sap 1, 13-14; 2, 23-24).
Scriveva Giovanni Paolo II nell'Enciclica Evangelium Vitae: "Il Vangelo della vita, risuonato al principio con la creazione dell'uomo a immagine di Dio per un destino di vita piena e perfetta (cf.Gn 2, 7; Sap 9, 2-3), viene contraddetto dall'esperienza lacerante della morte che entra nel mondo e getta l'ombra del non senso sull'intera esistenza dell'uomo". 
Il peccato ha ferito la creazione, raggiungendo e deturpando il bello, il vero, il buono. Le malattie, i terremoti, le anomalie della natura ne sono il tragico segno. Il peccato si è insinuato anche alla fonte della vita, nel seno di una donna.
La sterilità era considerata in Israele come una maledizione, il segno che Dio aveva abbandonato quella donna. La Scrittura è piena di pagine al riguardo. Per questo Dio, nel suo infinito amore, ha scelto la sterilità per cominciare e ricominciare la sua ostinata storia di salvezza. Da Sara sino ad Elisabetta, una storia di “vergogna”.



L'amore del Creatore indomito dinanzi allo sfregio del peccato è sceso sempre al fondo dell'abisso del nulla, realizzando l'impossibile di trasformare quel nulla in un tutto fecondo di vita. E scende ancora, come quel giorno a Nazaret, nel “sesto mese” da quando Dio ha voluto togliere la “vergogna” dalla vita di Elisabetta.
Le nostre vergogne, quelle cose che non avremmo voluto fare, i peccati commessi, ogni istante senza amore, erano condensati nel grembo sterile di Elisabetta. E Dio ha voluto inscrivere la sua incarnazione nel mezzo di quell’opera che aveva iniziato in lei. In te e in me.
L’annuncio a Maria è un anello, il più luminoso, di una catena che unisce la misericordia di Dio alla sterilità di ogni uomo. Sì, il suo amore di Dio è incatenato al non amore dell’uomo. E’ vero che siamo nulla, ma Dio non ci ha lasciati nel buio dove ci siamo nascosti per vergogna, come Adamo.
Non è passato invano il tempo che ti ha condotto sino ad oggi. Non è da buttare, è il “sesto mese” di un miracolo che profetizza quello decisivo. Il "sesto mese" come i sei giorni della creazione: tra le mura della semplice casa di Nazaret si è inaugurato il settimo giorno del riposo, profezia di quello che sarebbe brillato la mattina di Pasqua. Cerca, rovista nella tua vita, troverai i momenti in cui Dio ha fecondato miracolosamente il tuo grembo sterile. Anche questo è vivere la Novena di Natale, in attesa del giorno in cui la luce che non conosce tramonto, del perdono e della vita vera e che non muore, si farà strada nel buio della tua vita.



Sono quelli in cui ti sei aperto alla speranza, che hai balbettato un vagito di fede, e ti sei sposato, sei entrato in seminario, sei partito in missione, hai perdonato quel fratello, ti sei aperto alla vita, hai offerto uno scampolo di te stesso gratuitamente.
Bagliori di luce nel buio, ma sono i memoriali che ci legano indissolubilmente alla santa casa di Nazaret. In essa, infatti, è risuonato il tuo nome tra le parole di Gabriele: “Vedi, anche Elisabetta – e Marco, Luca, Giulia e Patrizia – tua parente, è già al sesto mese, lei che tutti dicevano sterile”.
Tu c’entri eccome con Maria, e con quell’annuncio straordinario. C’entri perché la misericordia di Dio non è mai stata lontana da te. Sei al sesto mese, ti manca poco. Ti manca la visita di Maria, della Chiesa, a portarti la notizia che questi sei mesi della tua vita profetizzavano.
L’amore non sarà più solo una serie di fulmini nella notte, ma una luce che non conosce tramonto, la luce della Pasqua. Un balzo di gioia ti attende, la tua vita sarà piena, tutta trasformata in amore.   
Questo è il cuore dell'annuncio a Maria. In Lei è apparsa la Vita che non muore; l'amore di Dio si è fatto carne per recare alla carne precipitata nel nulla la Grazia del perdono, del riscatto e del tutto capace di farla santa e capace di vita eterna.
La tua storia lo dice, lo attesta il tuo essere ora qui, ad ascoltare come la prima volta che “a Dio nulla è impossibile”. Non gli è impossibile generare un amore soprannaturale in te! Non gli è impossibile farti obbediente, come Maria e con Maria. Perché la prima ecografia dell’amore è proprio l’obbedienza, a Dio, ai fratelli, alla storia.
Coraggio, il tuo nulla sarà trasformato in umiltà, la tua sterilità in servizio fecondo, la tua superbia in obbedienza, e sarai felice davvero, perché darai alla luce Cristo in ogni frammento della tua vita.


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